Matrimonio, i corsi di preparazione nel 2019

corsi di preparazione al matrimonio sacramento

 

 Per l’anno 2019 I corsi di preparazione al matrimonio si terranno nelle seguenti date:

         Lunedì 4 Marzo

         Lunedì 11 Marzo

         Lunedì 25 Marzo

         Lunedì 1 Aprile

         Lunedì 8 Aprile

Quanti vi parteciperanno possono ritirare il modulo di iscrizione presso la segreteria parrocchiale oppure segnalare  via mail all’indirizzo  [email protected]  i seguenti dati:

  • cognome e nome
  • residenza
  • recapito telefonico
  • E-mail

rispettivamente del fidanzato e della fidanzata.

Il messaggio dell’Arcivescovo per l’anno oratoriano

Pubblichiamo il messaggio dell’Arcivescovo mons. Mario Delpini per l’anno oratoriano. Il testo lo stiamo distribuendo a tutti i nostri ragazzi dopo avere celebrato la giornata d’inizio d’anno del nostro oratorio domenica 14 ottobre.

 

                     1.Benedico l’inizio dell’anno oratoriano.

L’inizio dell’anno oratoriano è la “festa degli oratori”. Infatti è la festa della partenza: partire è festa perché c’è una meta da raggiungere, c’è una compagnia che condivide, c’è la fierezza di non stare fermi.

La meta da raggiungere, il traguardo desiderabile è la gioia di Dio, il suo Regno, la vita di Dio in noi. Si può anche chiamarla santità: quella vissuta da molti, come per esempio Papa Paolo VI, che è stato nostro Arcivescovo, don Francesco Spinelli, mons. Oscar Romero che Papa Francesco iscriverà tra i santi canonizzati nel mese di ottobre. Si mettono in cammino quelli che credono alla promessa di Dio: sanno che di Dio ci si può fidare. Non cercano la gloria, sanno che è solo fumo. Non cercano guadagni, sanno che per chi ha sete, nessuna bevanda che si compri al mercato può bastare. Cercano la gioia e sanno che non ci sono mercanti di gioia. Perciò si mettono in cammino verso la terra promessa da Dio: Via così!

La compagnia che condivide è l’amicizia sana, limpida, allegra di coloro che guardano insieme verso la meta e si aiutano e si incoraggiano gli uni gli altri. L’amicizia non è la compagnia degli stupidi, che si divertono a fare danni, non è il gruppo degli sfaticati, che si adagiano nello sperpero del tempo tra chiacchiere e sciocchezze, non è la zavorra dei burloni, che paralizzano con il disprezzo ogni slancio. L’amicizia è quella stima che fa apprezzare gli altri come presenze che sostengono nell’impresa, è quella confidenza delle cose importanti che rende partecipi dei segreti di Dio: «vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv15,15).

Nessuno può attraversare il deserto da solo, ma coloro che hanno stretto un patto di amicizia possono affrontare ogni sfida. Insieme! Siano benedette tutte le persone, preti, diaconi, consacrati e consacrate, educatori e animatori, volontari e collaboratori che accompagnano i ragazzi e le attività dell’oratorio. Fare il bene fa bene anche a chi lo compie. Così si cresce: insieme! Via così!

 La fierezza di non stare fermi fa crescere la stima di sé. La stima di sé non è la presunzione degli esibizionisti che si illudono di essere perfetti e invincibili, come i personaggi dei cartoni. La stima di sé non è quello di stare a guardarsi allo specchio, per trovarsi tanto carini e pensarsi tanto attraenti. La stima di sé non è l’ingenuità di chi si crede capace di tutto, solo perché non ha mai fatto niente.

La stima di sé è piuttosto la gratitudine per i doni, le doti, i talenti ricevuti che nell’esperienza dei gesti minimi si accorge che è capace di fare il bene, di dare gioia, di farsi amare. La stima di sé sconfigge il complesso di inferiorità che suggerisce di stare fermi perché “tanto non sei capace”. La stima di sé si esprime nel sapere che così come sei fatto, anche con limiti e difetti e peccati, proprio così come sei fatto, sei adatto alla vita. Perciò avanti! Via così!

                            2.Benedico la fedeltà alle proposte oratoriane.

Non benedico solo l’inizio. Benedico anche la perseveranza. Alcuni sono tentati di ridurre l’oratorio all’oratorio estivo, qualche settimana di impegno, di amicizia, di cose ben fatte. Invece l’oratorio propone un cammino che si distende per tutto l’anno.

Credo che sarebbe utile che durante l’anno si chiamino tutti a rinnovare la festa, la fierezza, la compagnia di una meta da continuare a desiderare. Io mi immagino che a gennaio, nelle feste di sant’Agnese per le ragazze, di san Sebastiano per i ragazzi, e di san Giovanni Bosco per tutti, si celebri la festa della perseveranza. Si rifletta e si preghi insieme per la responsabilità educativa. Si fermi un po’ la frenesia delle iniziative per rinnovare l’invito, rilanciare le proposte a venire e stanare le pigrizie.

                                 3.Benedico le verifiche.

Non benedico solo gli inizi, non benedico solo la fedeltà. Benedico anche le conclusioni, le verifiche, i momenti per dire grazie e fare autocritica.

La conclusione dell’anno oratoriano e l’apertura dell’oratorio estivo è il momento opportuno per chiamare tutti i collaboratori a verificare il cammino compiuto. La verifica non è solo la serata in cui si rivedono insieme le foto degli eventi dell’anno. È invece il momento per un confronto con le intenzioni originarie, le indicazioni che io stesso ho scritto in questo messaggio, le vicende dell’anno e le grazie ricevute. La verifica per i cristiani non è un bilancio che fa i conti e misura i risultati, è piuttosto un esercizio di verità che si mette in ascolto del Signore per rendere grazie, riflettere sulle proposte e sulle risposte, riconoscere inadempienze e inadeguatezze e ripartire, fiduciosi e lieti.

 

DECALOGO DEGLI ORATORI

    1. L’oratorio accoglie tutti, per insegnare a tutti la via della vita.

    2. L’oratorio è la casa dove la Comunità educante accompagna le giovani generazioni sui cammini della fede, della speranza, della carità.

    3. L’oratorio organizza il tempo, per celebrare le feste e per vivere lieti i giorni feriali.

    4. L’oratorio non basta a se stesso: accoglie le proposte che la Diocesi offre tramite la FOM, vive un rapporto necessario con la Parrocchia, la Comunità Pastorale, le proposte diocesane e il Decanato.

   5. L’oratorio è per rivelare che la vita è una vocazione. Tutti sono in cammino verso la stessa meta, ma non tutti percorrono la stessa strada.

   6. Tutti sono chiamati alla felicità e alla santità, ma diversa è la via dei piccoli e quella dei grandi, diversa la via dei ragazzi e quella delle ragazze. L’oratorio offre per ciascuno una proposta adatta.

   7. L’oratorio insegna che si possiede veramente solo quello che veramente si dona.

   8. L’oratorio è scuola di verità: tu non sei tutto, tu non sei il centro del mondo, tu non sei fatto per morire, tu non vivi solo per te stesso.

   9. L’oratorio è per tutti, ma non è tutto. In oratorio si favorisce il convergere di tutte le forme di attenzione educativa presenti nel territorio: i gruppi cristiani, la scuola, le associazioni sportive, i gruppi culturali, musicali, teatrali, per l’unità nella pluralità.

  10. L’oratorio è per tutti, ma non per sempre. L’oratorio educa ragazzi e adolescenti per introdurre alla giovinezza cristiana, tempo di responsabilità da vivere negli ambienti adulti portando a compimento la propria vocazione.

 

                                                                                                

Il cammino della Chiesa dalle Genti: nuova tappa

Pubblichiamo l’articolo che ci ha inviato mons. Luca Bressan, Vicario episcopale dell’Arcidiocesi di Milano e presidente della commissione di coordinamento del Sinodo, sul Sinodo voluto dal’Arcivescovo mons. Delpini.

Il cammino della Chiesa dalle genti: una nuova tappa

Il giorno di Pentecoste, festa diocesana delle genti, la commissione per il coordinamento del Sinodo “Chiesa dalle genti” ha pubblicato lo strumento di lavoro per i Consigli diocesani (Presbiterale e Pastorale). Il Sinodo diocesano entra così nella sua seconda fase: dopo aver raccolto le osservazioni dei fedeli – e proprio a partire da esse – l’assemblea sinodale comincia il suo lavoro di riflessione e discernimento, per giungere a consegnare all’Arcivescovo, nella prossima festa di san Carlo, i frutti di tutto il cammino ovvero le costituzioni sinodali che riscriveranno il capitolo 14 del Sinodo 47°.
Il mese di giugno sarà determinante per il cammino sinodale: il 4 e il 5 si è dato appuntamento il Consiglio Presbiterale, mentre il 23 e 24 si ritroverà il Consiglio Pastorale diocesano. Entrambi questi organismi non intendono lavorare in modo autonomo e distaccato. Per questo motivo, lo strumento di lavoro predisposto appositamente viene pubblicato sul sito diocesano: perché ogni realtà ecclesiale ne possa fare oggetto di studio e riflessione, e possa poi fare avere il frutto di questo discernimento a qualcuno dei membri dei due consigli (ogni decanato vede la presenza di ameno un membro di questi consigli diocesani). In questo modo il percorso sinodale continuerà ad essere un cammino di tutta la Chiesa Ambrosiana, che sta imparando a riconoscersi “Chiesa dalle genti”.
Lasciando allo strumento di lavoro l’informazione dettagliata sugli esiti della consultazione diocesana, è utile dare rilievo a queste tre constatazioni che – come pilastri solidi e ben visibili – permettono al cammino sinodale di procedere sicuro dei frutti che stanno maturando. Primo: anche se in modo non uniforme, tutto il tessuto ecclesiale diocesano grazie al cammino sinodale sta scoprendo il volto colorato e pluriforme di una cattolicità vissuta nel quotidiano ma poco osservata e valorizzata. Secondo: occorre imparare a vivere la conversione dal “fare per” al “fare con”, perché la Chiesa dalle genti possa diventare realtà concreta e quotidiana. Terzo: il Sinodo diocesano non è che il punto di avvio di un percorso di maturazione che ci impegnerà in modo serio e denso di frutti nei prossimi anni.

mons. Luca Bressan
Presidente della Commissione di coordinamento Sinodo “Chiesa dalle genti”
Vicario episcopale Arcidiocesi di Milano

Convenzione tra il Comune di Milano e la parrocchia sul piccolo stadio San Siro

L’area su cui sorge l’impianto, estesa per circa 6.500 metri quadrati e di cui la parrocchia era diventata proprietaria nel 1953, nel corso degli anni Cinquanta era stata messa a disposizione per l’accoglienza dei lavoratori impegnati nella grande opera di erigere il nuovo quartiere che si sarebbe chiamato QT8 (Quartiere dell’Ottava Triennale). Poi è diventata luogo di catechismo e di gioco dei ragazzi, prima che sorgesse l’oratorio parrocchiale a Santa Maria Nascente. In seguito ha assunto una vera e propria fisionomia di “stadio” con tanto di tribunette, dove hanno partecipato a tornei serali anche calciatori allora famosi di Milan e Inter.
È seguito poi un tempo di decadenza strutturale. Dopo molte vicissitudini, la parrocchia è riuscita a reimpossessarsi di questo spazio. Negli anni Novanta tutte le aree che si trovano tra le vie Natta, S. Elia e Ippodromo – e quindi anche l’area del Piccolo San Siro – sono entrate a fare parte di un nuovo piano urbanistico, dove erano previsti interventi di edilizia residenziale, pubblica e privata. I proprietari delle aree interessate erano il Comune di Milano, alcune società private di sviluppo immobiliare e appunto la parrocchia.
Sull’area comunale sorsero ben presto le palazzine di via Ippodromo 12 e 14. Dal momento che – in base al “vecchio” Piano Regolatore Generale (PRG) – l’area del Piccolo San Siro rientrava tra gli spazi per la collettività, all’inizio degli anni Duemila la parrocchia – con l’assenso della Curia milanese – cedette la volumetria di sua spettanza a una delle società edificatrici.
Nel frattempo (2005) entrava in vigore la normativa urbanistica regionale, in forza della quale l’area del Piccolo San Siro veniva più propriamente destinata ad attrezzature sociali e ricreative connesse all’attività religiosa e di culto: l’impianto e le sue attrezzature avrebbero quindi concorso alla “dotazione globale di spazi per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico” prevista dagli strumenti urbanistici, pur rimanendo di proprietà esclusiva della Parrocchia.
Oggi, entrato in vigore il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT) che ha sostituito il PRG, viene confermato che per il Piccolo San Siro è stabilito il “mantenimento a verde e attività sportive dell’area”.
Dopo non poche traversie, la parrocchia ha creato negli ultimi anni un nuovo centro sportivo e luogo di ritrovo per la gente del quartiere, con permessi edilizi e strutture a norma; questo spazio, ormai a norma in ogni aspetto, sarà messo a disposizione per varie attività, secondo la creatività della nostra comunità. In quest’ottica il Comune di Milano e la parrocchia hanno sottoscritto il 12 maggio di quest’anno una apposita Convenzione che da un canto sancisce a tutti gli effetti la “compatibilità urbanistica” dell’impianto e d’altro canto ne disciplina l’utilizzo pubblico.
Infatti, d’intesa col Municipio 8, verrà approvato uno specifico Regolamento d’uso del Piccolo San Siro, che potrà riguardare in particolare la concessione degli impianti sportivi e delle attrezzature – a tariffe convenzionate – alle associazioni sportive, culturali e ricreative operanti nella municipalità, l’individuazione di giorni nell’arco della settimana/mese per manifestazioni, tornei o eventi promossi e/o patrocinati dal municipio, da svolgersi nelle fasce orarie serali, le modalità di possibile apertura e utilizzo delle aree a verde e gioco bimbi nelle ore pomeridiane, l’eventuale apertura degli impianti e delle attrezzature nelle ore del mattino al fine di consentirne l’utilizzo alle scuole.
Ultimamente i due campi di calcio a 5 sono stati rinnovati nel fondo in sintetico di ottimo grado e coperti con funzionali teli per permettere l’uso anche nel tempo invernale (che è il tempo maggiore d’uso).
La Convenzione di maggio prevede che entro l’estate del 2022 vengano anche realizzati un’area gioco bimbi, un’area a verde per attività libera, relax, picnic attrezzata con panchine, pergolati, giardini d’inverno, tavoli, attrezzature per il gioco, spogliatoi con bagni e docce, area somministrazione e ristoro, sala polivalente, spazi di servizio per il personale, un campo sportivo polivalente attrezzato con manto erboso naturale o sintetico, con possibile copertura e/o chiusura, la sistemazione della zona “gradonate”.
Si tratta quindi di un importante investimento che la parrocchia ha in programma di realizzare nei prossimi anni, con lo scopo di offrire alla nostra comunità un luogo dedicato all’aggregazione e alla ricreazione, aperto alla cittadinanza.
don Carlo Casati

Oratorio estivo. Don Alessandro spiega lo slogan: “DettoFatto”

Dal 12 al 30 giugno riparte l’oratorio estivo, riservato ai ragazzi dalla 2.a Elementare alla 3.a Media, con lo slogan “DettoFatto”.
 Il programma:

lunedì e venerdì dalle 14.15 alle 17.45

martedì dalle 8.30 alle 17.45 (iniziamo con la S.Messa)

mercoledì e giovedì dalle 9.15 alle 17.45

I giorni interi: pranzo al sacco

Quota di iscrizione:

10 euro a settimana + 10 euro una tantum (maglietta, braccialetto, squadra e libretto preghiera). I fratelli pagano metà quota settimanale

Gita e piscina: costo a parte
DettoFatto è lo slogan dell’Oratorio estivo 2017. Ripetendolo e rendendolo familiare giorno per giorno, impareremo a meravigliarci di fronte alla forza creatrice di Dio che si è rivelata nella realtà: “Dio disse” e tutte le cose furono fatte. Ci proponiamo di imparare il Suo sguardo, per provare il suo stesso stupore di fronte a quanto ha voluto fare: “Dio vide che era cosa buona”, fino a cantare “Meravigliose sono le tue opere”.

Non cercheremo una risposta scientifica alla domanda: “Come si è formato il mondo?, perché non è questo l’intento del testo biblico, ma andremo più in profondità, per aiutare i ragazzi, dai più piccoli ai più grandi, a comprendere “perché” esiste il tutto e quale sia il senso della natura e delle cose che ci circondano.

Diremo ogni giorno ai ragazzi, di fronte alla bellezza e alla varietà del mondo, che all’origine di tutto esiste il pensiero buono di Dio che ha voluto un universo ordinato, in cui ci fossimo dentro anche noi; scopriremo la natura in relazione con l’uomo e con la donna e con tutta la fecondità di Dio, Padre e Creatore, che ci rivela il suo Verbo, per mezzo del quale “tutte le cose sono state create, e l’azione forte del suo Spirito “che dà la vita. Proveremo a contemplare il mistero della Trinità guardando a tutta la creazione e scorgendone l’opera meravigliosa di Dio.

L’Oratorio estivo 2017 proporrà quindi ai ragazzi una apertura a tutto il creato per vivere giorni di bellezza e di contemplazione di tutto ciò che è buono, lasciando che ogni ragazzo e ogni ragazza possano guardare, stupirsi, conoscere, contemplare e benedire.

Sarà come stare innanzi all’universo intero e vedere, un poco alla volta, le cose con lo sguardo del Creatore. La narrazione dei giorni della creazione ci rivela un mondo ordinato, perché voluto e desiderato pezzo per pezzo, costruito un poco alla volta, in un lavoro creativo che ha determinato una continua «accensione» di realtà, tessuta insieme come in un mosaico, fino alla gioia per aver visto compiere tutte le cose, per aver detto e fatto bene ogni cosa.

I giorni dell’Oratorio estivo ripercorreranno le stesse “tappe” della creazione, alla scoperta non solo di che cos’è che fa il mondo, ma del significato profondo che hanno tutte le cose in relazione, di ciò che si scopre di esse contemplandole insieme.

Accostando l’origine di tutte le cose e vedendole tutte in relazione, i ragazzi potranno comprendere che la propria vita è inserita in un grande progetto, unico e irripetibile, dove ciascuno è stato desiderato, per essere immagine di Dio e vivere nel mondo assomigliandogli, segno della sua carità e della sua presenza. La relazione fra di noi, nell’amicizia, nei legami familiari e più compiutamente nell’amore, rende possibile questa somiglianza che ci rende non solo delle semplici creature ma delle persone amate da Dio che sanno amare come Dio.

Impareremo inoltre che Dio non ha smesso di agire nel creato. Ci sono la sua Presenza e la sua benedizione che continuano nel tempo. La sua intenzione è che ogni cosa arrivi al suo compimento, perché in essa, in ogni creatura, Lui stesso ha messo il germe della sua bontà. Prezioso strumento sono i Vangeli, che descrivono in modo molto chiaro il rapporto che Gesù aveva con il creato; sono soprattutto le parabole a testimoniarci l’attenzione e la profondità con cui Gesù guardava al creato. La semina, l’opera dal lievito nella pasta, la vita degli uccelli del cielo e dei gigli del campo… diventano occasioni per parlare del regno di dio. Ma ciò è possibile solo in presenza di una capacità contemplativa, che sa scorgere dietro alle faccende quotidiane un rimando al Mistero di Dio.

Contemplando il creato, lo sguardo attento di Gesù sa riconoscere l’opera della provvidenza del Padre, che ha cura di tutti gli uomini e le donne. Inoltre, di fronte al creato Gesù rimane profondamente libero: è chiaro ai suoi occhi l’ordine da cui l’universo è retto. Anzitutto c’è Dio con la sua provvidente bontà, poi c’è l’uomo con la sua responsabile operosità, infine il resto della creazione donata da Dio all’uomo per servirsene bene a vantaggio di tutti.

Questa affascinante proposta verrà come sempre sostenuta dalla intelligente ed appassionata presenza dei nostri adolescenti, che darà ancora sapore e colore ai primi giorni di vacanza dei più piccoli. Ad essi va fin d’ora l’apprezzamento e la gratitudine di tutta la comunità.

                                                                                                                 Don Alessandro

 

 

 

 

In video la visita a Milano di Papa Francesco

Dall’Arcidiocesi d Milano riceviamo questa lettera da mettere sul nostro sito:

Gentilissimi,

Abbiamo ancora nel cuore il ricordo della memorabile giornata di visita del Santo Padre Francesco a Milano lo scorso 25 marzo e della significativa celebrazione di ringraziamento del 20 aprile, presieduta dal cardinale Angelo Scola in Duomo.

Pensando di fare cosa gradita vi invio un video che non vuole essere una sintesi della giornata di papa Francesco a Milano e nelle terre ambrosiane, ma che racconta la visita attraverso lo sguardo del Santo Padre. I volti, i sorrisi, i gesti e l’accoglienza della gente che hanno reso questo viaggio indimenticabile. Vi invito a pubblicare il link sui siti, sui profili social di cui vi occupate e darne notizia sugli altri strumenti di comunicazione.

Il video è disponibile a questo link  https://www.youtube.com/watch?v=RozYtTOnsYA&feature=youtu.be

Inoltre, in Curia Arcivescovile (piazza Fontana, 2 – Milano) sono disponibili i libretti “Papa Francesco a Milano e nelle terre ambrosiane”, racconto fotografico della visita, e, per chi volesse, le sciarpe ufficiali che hanno accompagnato il percorso di papa Francesco il 25 marzo.

Un cordiale saluto,

don Davide Milani Responsabile Comunicazione Arcidiocesi di Milano Portavoce card. Angelo Scola

In ricordo del cardinal Martini

In febbraio si è celebrato con giusta riconoscenza, in occasione del novantesimo della nascita, il card. Carlo Maria Martini, nostro arcivescovo dal 1979 al 2002. La Chiesa milanese l’ha ricordato con diversi eventi e ha espresso la sua gratitudine dedicandogli anche l’importante Museo Diocesano di Milano. Stampa e televisione hanno giustamente dedicato attenzione e rilievo al ricordo di questo grande pastore della nostra chiesa, da metà marzo nelle sale è apparso anche il film documentario di Ermanno Olmi sul cardinale, “Vedete, sono uno di voi”. In queste poche righe vorrei comunicare alcuni episodi personali della mia amicizia con il card. Martini e che hanno segnato il mio sacerdozio.

Prima però desidero sottolineare che nella storia del sorgere della nostra chiesa al QT8 ci sono circostanze importanti di cui fare gioiosa memoria.

Il 14 febbraio 1954 il card. Schuster pone la prima pietra; fu l’ultima Pietra Santa di fondazione di una chiesa che il beato Schuster benedisse. Infatti salirà al cielo il 30 agosto 1054.

Il 6 gennaio 1955 mons. Montini arriva arcivescovo a Milano e il 5 giugno 1955 benedice la nostra chiesa come prima chiesa aperta ai fedeli in città.

Il 31 maggio 1980 il card. Martini, nuovo arcivescovo dal 10 febbraio 1980, consacra la nostra chiesa: è la prima da lui consacrata in città.

Ritornando al mio rapporto personale con il card. Martini, posso accennare ad alcuni momenti che hanno segnato la mia vita. Era il 6 febbraio 1987 quando mi raggiunge, al mattino abbastanza presto, una telefonata dall’arcivescovado. Nel pomeriggio ho un appuntamento con l’arcivescovo che desidera che io lasci la parrocchia di S. Ignazio al quartiere Feltre, dove avevo vissuto i primi due vivaci decenni del mio sacerdozio, per assumermi la responsabilità di parroco a S. Maria Nascente. Il card. Martini facilmente si esprimeva nel linguaggio biblico e mi disse: “Don Carlo, devi allargare i paletti della tua tenda”. Per me, già frequentatore dei deserti della Terra Santa dove i beduini vivono sotto le tende, è stato chiaro dove l’arcivescovo voleva arrivare. Così il giorno dopo venni subito in parrocchia a conoscere i sacerdoti don Ersilio e don Giovanni. I mesi successivi furono densi di pensieri e di opere, perché non solo dovevo iniziare il mio nuovo lavoro di parroco, ma fino alla fine di giugno dovevo continuare l’impegno di viceparroco al quartiere Feltre.

Desidero accennare a un altro fatto accaduto mentre cenavo alla Villa S. Cuore a Triuggio. Ero nel primo decennio di presenza sacerdotale qui a S. Maria Nascente e quello era uno dei tanti raduni che in quasi dieci anni ho vissuto come consigliere dell’arcivescovo. Per alcuni anni ebbi il compito di “moderatore”. Quella sera nell’ampia sala da pranzo l’arcivescovo teneva al suo tavolo altri vescovi presenti e il moderatore. Ad un certo momento durante la cena il card. Martini mi domandò: “Allora don Carlo come va la tua parrocchia?”. Dopo solo un attimo risposi: “Benissimo”. L’arcivescovo restò meravigliato. Lo vedo ancora stupito con il cucchiaio fermo a mezz’asta e mi chiese: “Perché dici: benissimo?”. Replicai subito: “Perché ho non poche persone da cui posso imparare la fede”. E lui: “Se dici così, vuol dire che è giusto il ‘benissimo’”.

Il card. Martini visse a Gerusalemme dal 2002 al 2006, anni durissimi dopo l’intifada del 2000. In questi anni, tra l’altro, Martini ha rischiato di essere sepolto in Terra Santa. Così ci raccontava: “Quando, visitando gli antichi pozzi di El Gib scavati in quegli anni dagli archeologi ebrei, la terra incominciò a franare e io mi sentii rotolare dentro il pozzo, ebbi un pensiero molto chiaro: come è bello morire qui in Terra Santa. Mi diede una grande calma per cui misi le mani nella terra e rimasi fermo sull’orlo, così potei essere salvato. Ne uscii quasi incolume”. Furono anni in cui i pellegrinaggi si bloccarono. Il mio gruppo fu uno dei primi a riprendere la visita dei luoghi santi. Ricordo che un mattino stavo facendo colazione quando un pellegrino che tornava dal S. Sepolcro mi disse che il cardinale stava celebrando all’altare della Maddalena. Lasciai tutto subito e mi precipitai al Sepolcro. Il cardinale aveva appena terminato la S. Messa. Mi abbracciò felice, mi chiese come andava la parrocchia e poi gli domandai: “Cosa devo portare via da Gerusalemme?”. E lui: “Don Carlo, tu sei una guida, tu sai tutto”.“No, desidero sapere cosa devo portare a casa”. Mi rispose: ”Prega per la riconciliazione delle anime e quindi per la pace”.

Ci fu un’ultima volta in cui ho potuto visitare in modo fugace il cardinale, qualche settimana prima che salisse al cielo. Dopo una celebrazione al lago di Como ho riaccompagnato un amico gesuita all’Aloisianum di Gallarate, una casa che ospita i gesuiti molto anziani. Giunto nel corridoio in cui si affacciava anche la camera di Martini, ho potuto dare uno sguardo fugace e portarlo nella mia preghiera mentre di notte tornavo al QT8.

                                                                                                              Don Carlo

 

 

 

 

In Duomo la Messa per don Giussani

Le lunghe attese, in una fila paziente che arriva fino ai margini di Piazza Duomo, per poter entrare nella Cattedrale dai mille, necessari, controlli. E, poi, all’interno, la gente che affolla le navate, seduta per terra, in piedi in ogni angolo. È la memoria che non si spegne, anche se sono passati dodici anni da quando, tra le stesse navate, fu l’allora cardinale Joseph Ratzinger a presiedere la celebrazione eucaristica per la morte di monsignor Luigi Giussani, oggi Servo di Dio. Così, per ricordare l’anniversario della scomparsa del fondatore di Comunione e Liberazione (avvenuta a Milano il 22 febbraio 2005) e il XXXV del riconoscimento pontificio della Fraternità di Cl (11 febbraio 1982), sono moltissimi coloro che il 28 febbraio arrivano in Duomo per la Messa presieduta dal cardinale Angelo Scola, concelebrata dal presidente della Fraternità don Julián Carron, dal Vicario generale monsignor Mario Delpini, dal Vicario episcopale per la Vita consacrata maschile monsignor Paolo Martinelli e da una trentina di sacerdoti, tra cui l’assistente ecclesiastico diocesano di Cl, don Mario Garavaglia. Nelle prime file siedono i familiari di don Giussani, i nipoti, il fratello Gaetano e la sorella Livia.

L’intenzione della Messa milanese – come di tutte le centinaia che, in questi giorni, vengono celebrate in Italia e nel mondo a ricordo del fondatore – è letta dal vicepresidente nazionale della Fraternità Davide Prosperi: «Chiediamo a Dio la grazia di seguire senza riserve l’invito di papa Francesco a mendicare e imparare la vera povertà che descrive ciò che abbiamo nel cuore veramente: il bisogno di Lui, per vivere la vita sempre come un inizio coraggioso rivolto al domani». I canti, la Messa votiva dedicata a “Maria vergine madre del bell’amore”, le letture del giorno – Qoèlet e il Vangelo di Marco al capitolo 12 -, segnano la forza liturgica dell’Eucaristia che si sta vivendo in Cattedrale, mentre tanti, che non sono riusciti ad entrare, seguono, dagli altoparlanti posti sul sagrato.

Proprio dalla prima lettura prende avvio l’omelia dell’Arcivescovo: «“C’è un tempo per nascere e un tempo per morire”. Già tre secoli prima di Cristo Qoèlet stabilisce un tempo per ogni cosa, strappandola al caos e al non-senso. Ma la saggezza del Qoèlet è ancora zavorrata dalla necessità perché, tutto ritorna sempre uguale. È una tentazione che, se non vigiliamo, ci può sorprendere e abbattere fino a farci perdere il valore della vita come dono che conduce ad affrontare anche la morte, in tutta la sua dolorosa drammaticità, come abbandono». In questo tempo tutto umano, che Sant’Agostino definì come un’«attesa», si comprende allora come l’intera esistenza sia vocazione, da vivere con «responsabilità nel tempo che ci è concretamente dato, il “nostro” tempo», secondo il Vangelo di Marco al capitolo 12.

Nasce qui, nelle parole del Cardinale che cita papa Francesco, la richiesta «di rispondere al disegno di Dio qui e ora, crescendo nell’ascolto della realtà, della storia e riconoscendo la chiamata del Signore». Occasione privilegiata per farlo, la visita del Santo Padre a Milano: «Mi aspetto, pertanto, un’attiva partecipazione fatta anche dell’invito, rivolto a tutti, a incontrare papa Francesco nella celebrazione eucaristica al Parco di Monza».

Dalla liturgia della Messa per “Maria vergine Madre del bell’amore”, che «descrive la vocazione e la missione del cristiano in termini di bellezza e di pellegrinaggio», arriva da Scola l’ulteriore consegna a «essere consapevoli della meta» di tale viaggio terreno. «Il Servo di Dio Luigi Giussani ha educato non poche generazioni a guardare alla vita eterna non solo come al traguardo finale, ma a riconoscerne gli anticipi fin nel centuplo quaggiù. Il centuplo è quell’irruzione dell’eterno nel quotidiano che non può essere confuso con il potenziamento delle nostre forze, neppure dei nostri desideri. È una stabile novità che alimenta e dà all’esistenza personale, ecclesiale e sociale il dolce sapore del dono. Il centuplo quaggiù, come caparra della vita eterna, è in definitiva, il rapporto con Cristo presente. Il Suo pensiero, i Suoi sentimenti, sono tutto per noi». Sono «quel punto fermo», che l’Arcivescovo sottolinea ripetendo due volte l’espressione di un giovane morto a 17 anni.   

«La fatica, il dolore, ogni genere di prova, e persino la stessa morte, non sono obiezione alla felicità propria della vita eterna, non spengono il fascino con la malinconia dolorosamente annoiata o, all’opposto, con il nichilismo gaio che frustrano la sete di bellezza propria di ogni uomo e di ogni donna». Una “bellezza” che il carisma del Servo di Dio indica, anzitutto, «secondo una modalità di stare dentro il reale che, in senso generale, possiamo chiamare “lavoro”».

Chiaro anche il richiamo alla «comunione ecclesiale», quale indizio della vita eterna nel presente. «In questi anni ho molto insistito su come la vita della Chiesa, soprattutto della nostra estesa Chiesa ambrosiana, debba esprimersi secondo quella pluriformità nell’unità che le è propria – spiega il Cardinale -. Il metodo di vita cristiana così vissuto esalta la potenza del carisma di don Giussani, carisma di apertura totale a partire da ogni fedele battezzato». E tutto questo per essere quella “cosa sola” che chiede il Signore “perché il mondo creda”. Il ringraziamento per «la numerosa presenza in Duomo e, quotidianamente, nella vita della nostra amata Chiesa ambrosiana», precede due raccomandazioni «a cui tengo particolarmente», scandisce l’Arcivescovo: «Abbiate sempre gli occhi fissi in Gesù e abbiate un cuore largo, pieno di amore gli uni per gli altri, tesi ad annunciare a tutti la letizia del Vangelo».

Alla fine della celebrazione è don Carron a esprimere la gratitudine «di tutti gli amici di Comunione e Liberazione» e a ricordare «la trepidazione» per la visita del Papa: «Chiediamo al Signore la grazia che la fedeltà al carisma di don Giussani ci renda sempre più pronti, nella sequela di Pietro, a uscire incontro ai nostri fratelli uomini nel condividere con carità, realismo e creatività, il loro bisogno di felicità». 

Il pensiero finale del Cardinale, prima dell’applauso che lo saluta all’uscita del Duomo, è per la Causa verso gli altari del Servo di Dio: «Vi spingo a proseguire nella preghiera e nella bella pratica di visitare la tomba di monsignor Giussani, così come a segnalare dati, fatti e circostanze che possano aiutare il suo cammino verso la canonizzazione. Nello stesso tempo vi invito alla pazienza, perché sono procedimenti molto lunghi, soprattutto per coloro che hanno scritto molto. Con il passare del tempo, il suo volto si fa più luminoso ai nostri occhi e sostiene il nostro cammino ogni giorno più intensamente. A questo dobbiamo guardare perché si attui anche il suo cammino verso gli altari. Occorre vivere in pienezza, nel suo carisma, quella responsabilità che, come cristiani, portiamo nei confronti di tutti i nostri fratelli uomini. Più ci lasciamo guidare dallo sguardo che ha suscitato in noi la bellezza dell’essere figli di Dio, più qualunque forma di appartenenza alla Chiesa in particolare il regime di comunione che la regge, riempie la nostra vita e la nostra gioia sarà sempre più piena».        

 

Un ottobre vorticoso

Un torrente vorticoso. Se mi guardo alle spalle e provo a riconsiderare le ultime settimane di ottobre, è questa l’immagine che subito mi si affaccia. Provo a ripercorrere l’agenda: inizio dei catechismi, Festa dell’Oratorio e incontro con don Cristiano, Giornata inizio Cavalieri al Monte Stella, incontro col vescovo Adelio dell’Oro e Santa Cresima, Esercizi spirituali, Festa di All Hallow’s Eve (Vigilia della Festa dei Santi). Il torrente porta continuamente acqua nuova, fresca e spumeggiante che rinvigorisce la vita dei luoghi attraversati; qualche volta è anche vorticoso, un po’ troppo veloce e stargli dietro può rivelarsi una mezza impresa. Ma che ci volete fare! Lo Spirito Santo è sempre all’opera, ed è un tipo con le bollicine dentro. Per cui, per provare a non perder niente dalla memoria, brevemente un flash su ogni tratto di questo grande mese di ottobre.

Inizio dei catechismi: ovvero tornare a guardare sguardi e volti assetati di Vita e di amicizia, associare ogni volto a un nome da portare nella preghiera al buon Dio, e provare a giocarsela in quell’ora scarsa perché un Altro possa fare capolino tra parole, canti, giochi e amici.

Festa dell’Oratorio: la commozione di vedere “tutti” i miei ragazzi alla Messa e la gratitudine per tanti adulti (che non hanno nient’altro da fare!!!) che si mettono in gioco in una comunione vissuta per accompagnare questi giovani amici nella grande avventura della Fede. Ma anche la grande testimonianza di don Cristiano, che ci ha raccontato di come, nel dir di sì ogni giorno a Gesù, sta scoprendo il compiersi entusiasmante di una promessa per la sua vita intuita parecchi anni prima.

Ben 1200 Cavalieri di Sobieski al Monte Stella: sono queste le cifre da capogiro di un gesto incredibile svoltosi in una domenica quasi primaverile di metà ottobre. Dalla Liguria, dalla Svizzera e dal Piemonte, oltre che da tutta la Lombardia, tutti questi ragazzi hanno risposto a un invito che papa Francesco ha fatto a tutti i giovani pochi mesi fa durante il Giubileo dei ragazzi: “Mai vivacchiare, ma vivere!”. Coinvolti in canti e balli scatenati, i ragazzi hanno giocato tenendo conto dei loro desideri più profondi e hanno così scelto a quale gioco-app da smartphone appassionarsi. Ma ecco alcune loro parole catturate al volo: “È stato fantastico! Un pomeriggio speciale passato in amicizia, divertimento, allegria. Il momento migliore è stato quello di gioco in cui ci siamo riuniti tutti e abbiamo lanciato dei palloncini giganti”.

Incontro con il vescovo e Cresima: li conosco bene questi ragazzi del venerdì, e spesso con loro io ed i catechisti abbiamo perso la pazienza. Ma come mai quest’oggi sono così diversi, contenti e stupiti? Forse che lo Spirito Santo si sta portando avanti con loro? Che cosa c’entra lo Spirito Santo con le patate? Bisognerebbe chiederlo alle babushke delle steppe kazake! Io ho solo capito che le nonnine che mettono lo Spirito Santo nella loro minestra, anche se hanno cent’anni vedono e capiscono di più della vita di chi Dio nella vita proprio non lo vuole.

Esercizi Spirituali: tre giorni di incontri, di ascolto e di lavoro per scoprire ancora una volta che senza l’esperienza personale della misericordia, senza il rimanere fedeli al metodo che Dio continua a scegliere per farsi riconoscere dall’uomo (una storia particolare che porta, come chiave di volta, il significato e la speranza per la vita di tutti), senza il comunicare la propria vita a partire da quello che ci è successo, si rischia solo di diventare complici di mentalità in cui le cose più sacrosante sono ormai diventate irreali.

Halloween, no scusate All Hallow’s Eve: è il terzo anno che con i bambini più piccoli e i loro genitori viviamo questo momento di festa in cui al centro c’è la Pesca dei Santi: santino e dolcetto. Ognuno pesca da un mega cesto il santo che sarà il suo protettore per tutto il prossimo anno, impegnandosi a conoscerlo e a pregarlo. È un modo semplice e bello di custodire e incrementare nella vita di ciascuno quel tesoro di Grazia che è la Comunione dei Santi e la loro intercessione per tutti i nostri bisogni.

Dopo questo mese vissuto spericolatamente mi sembra di comprendere meglio le parole di Gesù a proposito di centuplo, e poiché mi sento affezionato a ciascun lettore di Nuovi Avvenimenti, non posso non estendervi l’augurio di una Vita “spericolata” sulle orme di Gesù, o se preferite di un po’ di rafting sullo stesso torrente vorticoso animato da Gesù e dal suo Spirito.

                                                                                                                                        Don Alessandro